Il sonno del bebè: co-sleeping, bed-sharing o cameretta?

Il sonno del neonato è un tema di notevole importanza in quanto coinvolge vari profili: medici, psicologici ed educativi.

Anzitutto, è stato dimostrato che un ambiente sicuro di sonno sia in grado di ridurre il rischio dei decessi infantili correlati al sonno ed è per tale motivo che la scelta di dove far dormire un neonato rappresenta uno degli argomenti più dibattuti tra pediatri, psicologi ed esperti in materia.

Sul punto esistono varie correnti di pensiero ed è doveroso premettere come nessuna di esse sia dimostrata scientificamente più corretta rispetto ad un’altra.

Tuttavia, le varie teorie convengono su un punto, vale a dire sulla posizione che il neonato dovrebbe mantenere durante il sonno. Difatti, la posizione che oggi viene universalmente consigliata per far dormire il neonato è quella supina, ovvero a pancia in su.

Come comprovato da molti studi, la posizione supina si è rivelata la migliore in grado di ridurre il rischio della Sindrome della morte in culla (conosciuta anche come SIDS – Sudden Infant Death Disease), a dispetto di quella prona o laterale che, ad ogni modo, può essere preferita dal neonato dal sesto mese in poi, quando acquisisce l’abilità di girarsi.

In camera con mamma e papà

Per consentire il controllo della posizione supina, molti pediatri consigliano il co-sleeping, chiamato anche room-sharing, ossia di far dormire il neonato nella stessa stanza dei genitori almeno fino al primo anno di vita.

Co-sleeping e bed-sharing sono due termini che spesso vengono impropriamente utilizzati come sinonimi, ma in realtà si tratta di due concetti differenti.

Per co-sleeping si intende la condivisione, da parte di genitori e neonato, della stanza da letto e, come anticipato, si tratta di una scelta consigliata vivamente da molti pediatri.

Diverso è il bed-sharing, che letteralmente significa condivisione del letto con mamma e papà.

I medici dell’American Academy of Pediatrics, se da un lato contrastano il fenomeno del bed-sharing, suggeriscono vivamente il co-sleeping, consigliando di far dormire il neonato nella stanza dei genitori per il primo anno di vita, ma in un lettino a parte.

Dove far dormire il neonato

Anche la scelta del lettino da utilizzare rappresenta un argomento assai controverso. All’inizio è certamente da prediligere la culla. Più complesso è il passaggio dalla culla al lettino.

Il classico lettino con le sbarre viene sconfessato da Maria Montessori, la quale lo considera come prigione castrante, prediligendo, al contrario, un letto basso come il futon che presenta un duplice vantaggio: da un lato consente al bambino di sentirsi libero, dall’altro si rivela utile anche per la mamma che potrà usarlo per allattare e per i genitori come spazio di gioco.

Una cosa è certa: la scelta di far dormire il bambino nel proprio lettino presenta l’indubbio vantaggio di consentire ai genitori di avere un riposo adeguato, di avere dei momenti per se stessi.

Tuttavia, tale impostazione non risulta essere condivisa dai sostenitori del bed-sharing. Dormire insieme è la cosa più naturale del mondo, un’abitudine che ci accomuna ai primati non umani: il cucciolo di scimmia dorme sempre con la madre, sarebbe innaturale il contrario.

E, difatti, il dormire insieme rappresenta una consuetudine diffusa in molte società, da noi risulta superata soltanto da qualche decennio. Certamente risulta più comodo, specialmente quando si allatta, e favorisce l’allattamento stesso. E l’allattamento, a sua volta, riduce il rischio di SIDS.

Di contro, alcuni studiosi ritengono che vi sia un collegamento tra la condivisione del letto con i genitori e il fenomeno della morte in culla, anche se è utile ricordare come riguardo a quest’ultima non vi siano ancora delle valide spiegazioni medico-scientifiche che riescano a fornire una causa.

Un bambino accolto è un bambino sicuro di sé

Ad ogni modo, chi sosteneva che la condivisione del letto aumentasse la dipendenza del bambino nei confronti dei genitori, in particolare della madre, dovrà ricredersi. È stato dimostrato da recenti studi che la condivisione del sonno favorisce lo sviluppo dell’autonomia del bambino, che imparerà presto ad essere indipendente. Difatti, più viene accolto il suo desiderio di dipendenza quando è piccolo, più sarà capace in seguito di stare da solo, di diventare autonomo. Al contrario, trascurare le richieste di vicinanza del bambino potrebbe risultare controproducente, poiché rischia di minare la sua sicurezza interiore.

Comunque sia, di studi e teorie in materia ve ne sono migliaia, e nessuna di queste si può definire la più corretta. Si può concludere affermando che ogni madre sa cosa è meglio per il proprio bambino, ricordandosi sempre che quando si parla di bambini non si dovrebbe mai generalizzare poiché, come sosteneva Montessori, “ogni bambino è unico”.

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