In Italia, come pure in altri Paesi, il legislatore consente alle donne di partorire in completo anonimato. Naturalmente ciò comporta la perdita di ogni diritto sul neonato che, successivamente, sarà dato in adozione.
Questa opportunità, in effetti, dovrebbe contribuire a ridurre il numero di abbandoni e infanticidi. Eppure sono sempre più numerose le notizie di cronaca che ci parlano di madri che abbandonano i propri figli per strada, esponendoli a rischi assai gravi (si pensi, ad esempio, ai recenti casi di Trieste e Milano).
Parto anonimo: la legge che tutela donne e neonati
Non tutte le donne, quando scoprono di essere incinte, per una serie di svariati motivi, sono contente di esserlo: si pensi alle giovanissime che non sono pronte ad accogliere un figlio nella propria esistenza, a coloro che vivono situazioni familiari di profondo disagio o ancora alle donne che hanno subito una violenza.
Proprio per tutelare le future mamme e i neonati il nostro ordinamento giuridico la legge 396/00 consente il parto anonimo.
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Come funziona con esattezza? La partoriente viene accolta in ospedale dove le vengono garantite assistenza sanitaria e giuridica. L’identità della madre resta sempre segreta: sull’atto di nascita del piccolo, infatti, compare la seguente dicitura: “Nato da donna che non consente di essere nominata”. In seguito interviene il Tribunale dei Minori per aprire in breve tempo la procedura di adottabilità del neonato.
Parto anonimo: i dati ufficiali
I dati ufficiali riferiscono che ogni anno su 550 mila bambini nati, 3.000 neonati vengono abbandonati e ben 400 sono quelli che nascono con parto anonimo. I numeri che riguardano però gli abbandoni scellerati nei cassonetti o in strada non sono facilmente ponderabili, perché spesso emergono solo i dati di chi ce l'ha fatta.
La neonata morta a Trieste e il neonato che è stato lasciato sulla banchina della metro a Milano, dunque, sono solo gli ultimi di una lunga serie di abbandoni, che sarebbero stati evitabili grazie alla conoscenza del parto anonimo.