Piede piatto nel bambino: quando e come intervenire?

Il piede piatto è una delle patologie podaliche più conosciute: si tratta in pratica di quel problema che si manifesta con la caduta della volta plantare o con il valgo pronazione del calcagno. Invece di avere un piede normalmente arcuato, quella forma non è rispettata, provocando problemi di deambulazione.

In realtà tale situazione è la norma nei bambini che iniziano a camminare e si mantiene poi fino a circa 4 anni. Poi piano piano, in maniera del tutto naturale il corpo correggerà la sua postura fino a alla forma della classica volta plantare, quando i piccoli arrivano intorno ai sette anni.

Piede piatto fisiologico vs piede piatto patologico: come distinguerli?

È importante sottolineare che tutti i bambini nascono con i piedi piatti (tecnicamente piede pronato vago). Questo perché le loro ossa e i loro muscoli sono ancora in fase di sviluppo e non hanno ancora acquisito la forza e la stabilità necessarie per formare un arco plantare definito.

Nella prima e nella seconda infanzia, i piedi piatti nei bambini sono considerati fisiologici. Questo significa che si tratta di una condizione normale e transitoria, destinata a risolversi spontaneamente con la crescita. In questa fase, infatti, i piedini dei bambini sono morbidi ed elastici, e l’arco plantare si sviluppa gradualmente con il rafforzamento dei muscoli e dei legamenti.

Tuttavia, non tutti i casi di piede piatto nei bambini sono fisiologici. In alcuni casi, il piede piatto può persistere nel tempo e rappresentare una condizione patologica, che richiede un intervento correttivo.

Come riconoscere il piede piatto patologico

Il piede piatto nel bambino si riconosce osservando la pianta del piede: quando il bambino è in piedi, se la pianta del piede poggia completamente a terra, senza la formazione di un arco plantare, potrebbe esserci un piede piatto.

In generale, il piede piatto fisiologico si risolve in età scolare. Se compaiono però altri segnali che portano disturbi al bambino, è consigliabile consultare un medico ortopedico per una valutazione specialistica. Gli altri segnali che possono indicare un piede piatto patologico includono:

  • Dolore: Nei casi di piede piatto patologico, il bambino potrebbe accusare dolore ai piedi, alle caviglie, alle ginocchia e alla schiena, soprattutto dopo attività fisica.
  • Iperpronazione: pronunciata deviazione verso l’esterno del tallone
  • Affaticamento muscolare: Un senso di affaticamento muscolare, specialmente durante lo sport, può essere un ulteriore campanello d’allarme.
  • Instabilità: Il piede piatto patologico può causare instabilità e difficoltà nella deambulazione e nella corsa, soprattutto su terreni irregolari.
  • Deformità: Nei casi più gravi, si possono osservare deformità delle dita dei piedi.

In caso di dubbi o di uno dei segnali sopraelencati, è importante rivolgersi a un medico ortopedico per una diagnosi accurata attraverso indagini ad hoc (podoscopia, esame baropodometrico e radiografie plantari) e un piano di trattamento personalizzato.

Piede piatto nel bambino: come si cura

Ci sono però alcuni casi in cui il piattismo presenta una situazione peggiore di quella normale: alla classica visita ortopedica che si fa intorno ai 3 anni, l’ortopedico sarà in grado di verificare se il bambino ha la necessità di adottare un plantare, in grado di aiutare il piedino a prendere la forma dovuta. Tale plantare però va usato fino ai sette anni, perché dopo diventa inutile.

Ma perché affrontare questo problema, che di per sé non è una vera e propria malattia? In genere infatti, le persone che ne soffrono non hanno dolore. Eppure è stato dimostrato che se da bambini si è affetti da piattismo, da grandi si possono sviluppare l’alluce valgo e l’artrosi alla caviglia. Intervenire da piccoli, può evitare interventi di maggiore entità da grandi.

La cura del piede piatto nei bambini dipende dalla gravità del problema e dai sintomi presenti. In generale, il trattamento mira ad alleviare il dolore, migliorare la postura e la funzione del piede e, nei casi più gravi, a correggere la deformità.

Terapie conservative

Le terapie conservative sono il primo approccio nella maggior parte dei casi di piede piatto nei bambini. Esse includono:

  • Plantari: Gli ortesi plantari su misura possono aiutare a supportare il piede, ridurre il dolore e migliorare la postura. Tuttavia, è importante sottolineare che il loro ruolo nel correggere il piede piatto è spesso dibattuto e controverso. La loro efficacia dipende da diversi fattori, tra cui la gravità del piede piatto e la presenza di altri problemi posturali.
  • Fisioterapia: La fisioterapia può essere utile per rafforzare i muscoli del piede e della caviglia, migliorare la flessibilità e la propriocezione, e ridurre il dolore. Esercizi specifici per il piede piatto possono aiutare a migliorare la forma dell’arco plantare e la postura del piede. Inoltre gli ultrasuoni sono in grado di lenire il dolore e di rinforzare i muscoli del piede.
  • Modifica dello stile di vita: Perdere peso, se necessario, e praticare attività fisica regolarmente possono aiutare a ridurre lo stress sui piedi e migliorare la salute generale.

Intervento chirurgico

Nei casi ritenuti più gravi, può rivelarsi necessario un intervento, soprattutto nel caso del retropiede valgopronato, anche se non è completamente piatto. Non hanno necessità di un trattamento chirurgico invece i cosiddetti piedi piatti correggibili quando ci si mette sulla punta. In genere, l’intervento viene preso in considerazione solo nei casi gravi in cui le terapie conservative non hanno avuto successo e il bambino presenta dolore significativo, difficoltà nella deambulazione o una deformità progressiva del piede.

L’intervento chirurgico più comune per il piede piatto nei bambini è l’artrorisi. Questa procedura consiste nel rilasciare i legamenti e/o i tendini contratti che limitano la mobilità del piede e nell’inserire una piccola vite per stabilizzare il tallone e indurre la formazione dell’arco plantare. L’intervento è mini-invasivo, viene eseguito in anestesia locale e ha una buona prognosi a lungo termine.

L’età per intervenire si attesta tra gli 8 e i 12 anni, mentre in alcune situazioni si può aspettare i 13-14 anni, ma maggiore è l’età e minore è la possibilità di ridurre del tutto il problema.

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