Scelta del nome: cosa dice la legge in Italia

Decidere il nome del proprio bambino è certamente uno dei momenti più importanti per i futuri genitori durante i mesi della dolce attesa. È come se la scelta ci aiutasse già a fantasticare su come sarà il nostro bambino e su quale possa essere il nome che più gli si addice.

È chiaro non può esistere nessuna guida che possa suggerire ad una coppia quale sia il nome più adatto per un nascituro; si tratta di una scelta talmente soggettiva che come è giusto che sia solo i genitori possono conoscere quale nome si rivelerà alla fine quello perfetto.

Chiarito che ogni nome è teoricamente possibile purché abbia un senso e un significato per la mamma e il papà del piccolo, è utile elencare quelle che la legge italiana indica come regole da seguire, comprese alcune limitazioni ben definite, che non sono molto numerose ma che vale la pena conoscere.

Cosa dice la normativa sul tema della scelta del nome

Ad occuparsi della questione sono gli articoli 33 e 34 del DPR 396/2000. Il principio guida di questi articoli è che seppur nella piena libertà dei genitori di scegliere il nome del bambino che ritengono più adeguato, nel rispetto del loro credo, delle loro tradizioni e della loro cultura, può rendersi necessario porre alcune linee guida che tutelino “la dignità” del nascituro, la quale potrebbe essere lesa da alcune scelte.

Stando a quanto stabilito dagli articoli citati non è possibile:

  • Attribuire un nome maschile ad una bambina e uno femminile ad un bambino. Prendiamo per esempio il nome Carlo: è un nome generalmente utilizzato solo in Italia e per gli individui di sesso maschile; è vietato dunque attribuire questo nome ad una bambina. Come si è accennato però negli ultimi anni la burocrazia italiana è meno rigidamente rispettosa di questo principio per via della crescente presenza di multiculturalità nel nostro Paese. Il nome Andrea, considerato per esempio storicamente femminile, negli ultimi decenni viene utilizzato quasi in maniera intercambiabile per ambo i sessi, essendo il nome da sempre utilizzato anche per i maschi in alcune culture (come quella tedesca). Un nome femminile ad un individuo maschile (e il contrario) è possibile solo attraverso un nome composto: ad esempio “Gian Maria” per un bambino.

Negli ultimi anni va aggiunto, sempre per rispetto alla multiculturalità presente nella società, tanti nomi “esotici” come Maya o Asia sono diventati comunemente accettati.

  • Attribuire il nome di individui del nucleo famigliare minimo. Mentre come sappiamo, in alcune zone geografiche soprattutto, è una prassi ben in uso attribuire ad un bambino il nome dei propri nonni, è severamente proibito farlo con quello della mamma e del papà (se ancora viventi) o di un fratello o sorella; non è possibile insomma avere 2 figli che si chiamino entrambi Giuseppe. Così come non è possibile, come in uso in altri Paesi, aggiungere dei nomi- suffisso particolari (come il “junior” americano) al nome di uno dei genitori.
  • Non è possibile utilizzare i cognomi come nomi. In questo caso la linea può essere sottile visto che molti nomi italiani per varie ragioni storiche sono stati utilizzati come cognomi: un famoso esempio è “Daniele”, utilizzato molto come nome ma presente anche nel territorio nazionale come cognome. Alcuni cognomi invece sono riconosciuti storicamente solo come tali (il più popolare cognome italiano “Rossi” per esempio) quindi è vietato assolutamente attribuirli come nome.
  • Banditi i nomi che ledono la dignità dell’individuo. Come si è già accennato è importante accertarsi che un nome non ponga in futuro il bambino in situazioni di ridicolo per via del suo nome. Non è possibile chiamare un bambino “Divano letto” o “Mutanda” o “Topolino”. Saremmo di fronte a situazioni molte estreme ma la legge fa bene a chiarirlo esplicitamente.
  • Non è possibile utilizzare nomi storici completi. Ancora oggi secondo il registro dell’anagrafe italiana vivono in Italia (soprattutto in Veneto) 2 mila individui il cui nome è Napoleone; mentre il solo nome che richiama ad un popolarissimo personaggio storico è consentito, è vietato l’eventuale composto “Napoleone Bonaparte”.
  • I nomi devono poter essere trascritti col nostro alfabeto. Non è possibile attribuire al proprio figlio un nome che possa essere trascritto solo con caratteri stranieri come ad esempio l’alfabeto cirillico o quello cinese. Chiaramente questo limite esiste solo per i bambini con cittadinanza italiana già alla nascita; gli stranieri residenti in Italia possono attribuire nomi della loro cultura.

Cosa accade se si violano queste regole?

Quanto indicato nel paragrafo precedente è in generale abbastanza chiaro e un ufficiale dell’anagrafe dovrebbe essere in grado di segnalare subito quando un possibile nome non rispetta i parametri richiesti.
Un punto in particolare però resta controverso ed è quello dei “nomi ridicoli che ledono la dignità”. Se i nomi da noi indicati sopra sono chiaramente dei nomi che non possono essere assegnati, in alcuni casi potrebbe invece crearsi una diatriba che può essere sciolta solo da un giudice.

È il caso per esempio, sempre più crescente, di genitori che amano attribuire nomi fuori dai canoni tradizionali (ispirati a pianeti, città, colori etc..). In questo caso l’ufficiale dell’anagrafe, se in dubbio sulla legittimità del nome, e qualora i genitori non cambino idea sul nome che vogliono attribuire, farà una segnalazione alla Procura della Repubblica, che a sua volta depositerà un ricorso al Tribunale Civile. Sarà il Giudice Civile quindi a stabilire se il nome può essere accettato, oppure obbligherà i genitori a modificarlo.

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