Ormai da molti anni è in voga, in particolare nella scuola dell'infanzia, l'abitudine da parte delle maestre di dare ai bambini delle caramelle se si comportano bene. In teoria potrebbe sembrare un comportamento innocuo, al punto che la risposta che viene opposta a chi muove delle critiche è la seguente: "Ma che sarà mai? Una caramella non ha mai fatto male a nessuno!". Ma siamo sicuri sia proprio così?
No alle caramelle come premio a scuola
Molti pedagogisti sono concordi nel dire che la pratica di premiare i bambini con le caramelle a scuola, ma più in generale l'idea di impostare il metodo educativo sulle ricompense, sia sbagliato e dannoso per il bambino. Ad innescarsi sono infatti delle dinamiche disfunzionali, nocive per la formazione del suo carattere e non solo.
Per comprendere come sia sbagliato fare ricorso alle caramelle per premiare o consolare i bambini basta fare riferimento alla nostra esperienza di adulti. Tante volte, in situazioni di difficoltà, sfoghiamo la nostra frustrazione nei dolci: ma quando mai questo ha risolto i nostri problemi? Anzi, dopo aver fatto la nostra scorpacciata, al problema di partenza si è aggiunto anche il senso di colpa per l'abbuffata!
Promettere una caramella ad un bambino che è giù di morale, o viceversa assicurargliene una se farà il bravo, non fa altro che attribuire al dolcetto un potere consolatorio che sappiamo bene non esistere.
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Perché, allora, non sostituire agli zuccheri qualcosa di ancora più "dolce" come un abbraccio? In questo modo comunicheremo al bambino un messaggio importante anche per il futuro: in presenza di un problema non serve dare sfogo alle proprie ansie attraverso "qualcosa" - magari da grande saranno il fumo o l'alcol! - ma è molto più utile chiedere l'aiuto di "qualcuno", in questo caso una maestra, ma anche una mamma, un fratello, un amico.
No al metodo delle ricompense
Colpevolizzare le maestre della scuola dell'infanzia, però, sarebbe sbagliato. Se è vero che alcune di loro sono realmente solite fare ricorso alle caramelle per premiare, placare, consolare i bambini, lo è pure che ogni genitore almeno una volta nella vita ha promesso al proprio figlio una ricompensa in cambio di un buon comportamento.
Qualche esempio: "Se finisci presto i compiti potrai giocare i videogiochi"; "se riordini la stanza questa sera patatine fritte!". Si tratta di promesse sulla carta innocue, ma che se riproposte con frequenza rischiano di dare luogo a dinamiche nocive nel lungo periodo.
Questo perenne "do ut des", infatti, alla lunga non solo si configura come una manipolazione del comportamento del bambino, che esegue determinate azioni solamente per ottenere la ricompensa, ma soprattutto gli preclude la possibilità di sviluppare la propria autodisciplina, di comprendere il valore di una condotta responsabile al di là dei premi.
Dunque, come comportarsi? La cosa migliore è sempre quella di dare l'esempio. Siamo più chiari: giochiamo con lui? Bene, le prime volte facciamoci vedere mentre riordiniamo. Poi chiediamogli di farlo insieme a noi. E se le volte successive, dopo aver giocato, rifiuta di mettere in ordine, lasciamogli sperimentare gli effetti del disordine: li comprenderà a pieno quando non troverà qualcosa che sta cercando!
Ciò vuol dire che non dobbiamo mai premiare il nostro bambino? Al contrario! Ogni tanto una gratificazione non fa che incoraggiare il bambino a proseguire sulla retta via! Ciò che conta è evitare l'uso frequente di ricompense per condizionare la volontà del bambino: in questo modo faremmo un torto a lui e al suo processo di crescita.