Uganda: la battaglia di una mamma contro le mutilazioni genitali femminili

Margaret Chepoteltel, una donna dell’Uganda madre di due bambine, si è esposta in prima persona per denunciare e cercare di arginare la barbara pratica delle mutilazioni genitali femminili, che da sempre viene effettuata in numerosi paesi. La donna ha raccontato la sua storia sperando che serva per portare alla luce una problematica spesso trascurata.

Le mutilazioni genitali femminili: la storia di Margaret

Grazie alla campagna “Make Happiness Not Violence”, Margaret sta cercando di sensibilizzare l’intera comunità nazionale e internazionale. La donna, originaria di Amudat, villaggio situato nella parte orientale dell’Uganda, ha raccontato la sua storia sperando che serva per iniziare finalmente una rivoluzione culturale e sociale che ponga fine al fenomeno delle mutilazioni.
Margaret racconta in un’intervista al Spotlight Initiative di aver subìto la mutilazione a 13 anni, di essersi poi sposata a 15 e essere rimasta incinta a 17; proprio a causa della mutilazione subìta il parto non ha avuto successo e il bambino è morto. La donna è sopravvissuta, tra atroci dolori e costanti infezioni, momenti terribili che Margaret non vuol far rivivere alle sue figlie.

Le mutilazioni genitali femminili: un fenomeno diffuso

L’Uganda non è l’unico paese a praticare questo genere di operazioni, fanno compagnia Eritrea, India, Pakistan ed Egitto assieme ad altri piccoli villaggi o centri non urbani.
La pratica si fonda sulla cultura maschilista e patriarcale, secondo la quale una donna non dovrebbe provare piacere nell’atto sessuale ma solo ricevere il seme dell’uomo per mettere al mondo figli. Per questo viene mutilata la vagina, eliminando il clitoride e togliendo così alla donna la propria femminilità e il piacere sessuale. Altissimo il rischio di infezioni alle vie urinarie, sia durante che dopo la pratica, così come le emorragie e le complicazioni durante il parto.
Oltre alle leggi dei singoli stati, idonee a cancellare il fenomeno, occorre un intervento delle Autorità Internazionali per i diritti umani, che possa regolarizzare in via definitiva e generale il problema.

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