Ascolto attivo: perché è così importante per i bambini?

Quando l’abbiamo vista per la prima volta, l’abbiamo commentata un po’ tutte, la foto del principino George che faceva il suo ingresso nel mondo della scuola. Molti hanno commentato, perlopiù divertiti, anche gli ormai numerosi articoli che spiegavano perché William e Kate siano sempre inginocchiati a parlare con i figli.

Anche se da un lato una notizia così ci fa un po’ sorridere, dall’altro ci dà anche qualche spunto di riflessione.

Ho letto ciò che hanno scritto molte persone, cose del tipo “È naturale inginocchiarsi quando si parla con un bambino“, “Ovvio, io lo faccio sempre!“: ma è davvero così? Un conto è inginocchiarsi o abbassarsi per gentilezza, un conto è ascoltare seriamente ciò che il bimbo sta cercando di comunicarci.

Ciò che William e Kate fanno con i loro bambini si chiama ascolto attivo, ed è un metodo educativo ormai ben collaudato.

Cos’è l’ascolto attivo?

Quella dell’ascolto attivo è una metodologia che fa parte di un programma ideato negli anni ’70 dallo psicologo statunitense Thomas Gordon per l’educazione socio-affettiva, in particolare dei bambini.

Questa tecnica prevede che si ascolti ciò che il bambino ha da dire con attenzione, senza mostrare di essere prevenuti e, soprattutto, senza sminuire o giudicare ciò che ha da dire, dimostrandosi invece attenti e solidali, pronti a comprendere le sue emozioni.

Quando e perché è importante l’ascolto attivo?

L’ascolto attivo è importante soprattutto nei casi in cui il bambino manifesti un disagio: si isola, piange, è aggressivo.

In questi casi, mostrarsi indifferenti o, ancor peggio, intransigenti, giudicando il suo comportamento come sbagliato o ritenendolo esagerato, acuisce il problema.

Come abbiamo già visto in tanti altri casi, spesso la soluzione migliore per rapportarci con i nostri bimbi non è arroccarsi su posizioni ben precise ed essere irremovibili, ma, piuttosto, è opportuno andare alla radice del problema, cercandone le motivazioni.

L’ascolto attivo, in  questo senso, è un valido alleato per noi genitori: quando il nostro bimbo ci parla di qualcosa, specialmente se si tratta di emozioni o esperienze che ha vissuto, cerchiamo di metterci al suo livello, guardandolo negli occhi per fargli capire che la nostra attenzione è tutta per lui e mostrando un’espressione partecipe.

La cosa più importante è mostrare empatia, fargli capire che comprendiamo le sue emozioni mentre ci sta parlando, poi, quando avrà finito, cerchiamo di trovare insieme una soluzione al suo problema, tentando di spiegargli con calma perché si è sentito in quel modo, o, se ha sbagliato, perché lo ha fatto, proponendogli un’alternativa alla reazione sbagliata che ha avuto.

All luce di tutto ciò, inginocchiarsi davanti al proprio bimbo per poterlo ascoltare meglio, non sembra più tanto scontato, né, tantomeno, sciocco.

Cosa ne pensate voi mamme?

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15 commenti

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  1. Discuto in continuazione con mia moglie e soprattutto mia suocera perché mio figlio che ha 2 anni e mezzo ogni volta che fa un racconto o cerca di comunicare loro ridono in continuazione…. e questo mi fa imbestialire…. perché non ascoltano neanche…. e loro ridono perché ovviamente a questa eta sono molto divertenti nel raccontare qualcosa….. io invece cerco di ascoltare ogni singolo discorso…e farlo sentire importante… forse sbaglio io??

  2. Noi sempre così facciamo con la nostra bambina di quasi quattro anni. ..Ci abbassiamo a suoi livelli x spiegarti una situazione. .!!ma anche nel gioco..E fino a oggi a tratto solo benefici. .

  3. Chi sminuisce non ne conosce certamente i benefici che ne trae un bimbo…
    Ascoltare e parlargli alla sua altezza è un metodo che ogni genitore dovrebbe adottare per il benessere del proprio figlio!