Bambini e disturbi ormonali: la parola all’endocrinologo

Dalla tiroide al diabete, passando per la pubertà precoce e i disordini della crescita, l’endocrinologia pediatrica si occupa di tutti i problemi che hanno a che fare con gli ormoni nei bambini. Ma quali sono i disturbi principali e come vengono affrontati? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Moira Testa, endocrinologa di MioDottore.

Di che cosa si occupa principalmente l’endocrinologia pediatrica? Quali sono i disturbi più comuni nei bambini?

L’endocrinologia pediatrica è una specialità medica che si occupa principalmente di disturbi delle ghiandole endocrine nell’infanzia fino alla tarda adolescenza e alla giovane età adulta. Le ghiandole endocrine producono ormoni, cioè sostanze che regolano molte importanti funzioni del corpo.

La malattia più comune è il diabete mellito di tipo 1, seguito dai disturbi della crescita staturo-ponderale che richiedono un’accurata valutazione endocrinologica/auxologica per distinguere le basse stature “familiari” o “idiopatiche” dalle basse stature patologiche, cioè legate ad esempio a deficit di ormone della crescita GH o a patologie sottostanti di malassorbimento come la celiachia.

Ci sono poi i disordini dello sviluppo puberale (pubertà precoce o ritardata), disturbi congeniti o acquisiti della tiroide (ipotiroidismo e ipertiroidismo), disturbi surrenalici e del metabolismo osseo.

L’endocrinologia pediatrica inoltre è indirizzata sulla prevenzione e il trattamento della dilagante pandemia di obesità infantile. Una valutazione precoce del bambino a rischio di sovrappeso/obesità (figlio di genitori in sovrappeso oppure obesi) o già in sovrappeso/obeso può prevenire che diventi un adulto obeso e che sviluppi complicanze legate all’obesità stessa, come ipertensione arteriosa, steatosi epatica (fegato grasso), ipercolesterolemia e diabete mellito di tipo 2.

A che età si può iniziare a soffrire di tiroidite/hashimoto? Quali sono i campanelli di allarme che potrebbero far pensare a un problema di questo tipo?

La tiroidite autoimmune, detta anche di Hashimoto, è la causa più frequente di ipotiroidismo acquisito in età pediatrica.

È più frequente al di sopra dei 6 anni e presenta un picco di incidenza in età adolescenziale (tra gli 11 e i 13 anni), con una netta prevalenza nel sesso femminile. I soggetti più a rischio in età pediatrica sono coloro che soffrono già di altre patologie autoimmuni (es. diabete mellito tipo 1, celiachia, poliendocrinopatie) o di patologie genetiche che predispongono al rischio (es. sindrome di Turner, sindrome di Down, sindrome di Klinefelter).

È importante che i genitori non perdano di vista alcuni segnali “sospetti”, come aumenti di peso non giustificati da variazioni alimentari, improvvisi cali di memoria, difficoltà a concentrarsi o improvvisi insuccessi scolastici.

Esiste nei bambini la differenza tra ipotiroidismo e ipertiroidismo come negli adulti? Come si manifesta e come si cura?

Nei bambini, come negli adulti, può esistere una condizione di ipotiroidismo (quando la tiroide funziona meno e produce meno ormoni tiroidei) o di ipertiroidismo (quando invece produce ormoni in eccesso).

La sintomatologia dell’IPOTIROIDISMO nei neonati e nei bambini piccoli differisce dalla sintomatologia nei bambini più grandi e negli adulti. Se la carenza si verifica molto presto in gravidanza, i neonati possono presentarsi con un ritardo di crescita severo, disabilità intellettiva e spasticità. La maggior parte dei neonati ipotiroidei all’inizio ha una sintomatologia scarsa o assente che viene rilevata solo attraverso lo screening neonatale.

Nei bambini più grandi i sintomi di ipotiroidismo possono manifestarsi con il ritardo di crescita, maturazione scheletrica ritardata e disturbi puberali.

Negli adolescenti i sintomi sono simili a quelli degli adulti: aumento di peso, fatica, stipsi, capelli secchi e radi, pelle fredda o ispessita. La terapia è quella ormonale sostituiva con L-tiroxina.

L’IPERTIROIDISMO neonatale, invece, si può manifestare nel corso di gravidanze di pazienti con Morbo di Graves. È una condizione piuttosto rara, ma che può essere fatale determinando la morte del feto o la nascita prematura. Oltre il 95% dei bambini nati da madri con malattia di Graves presentano sintomi come irritabilità, problemi di alimentazione e tachicardia entro il primo mese di vita, ma tendenzialmente questi sintomi regrediscono e non vanno oltre il sesto mese di vita.

Nei bambini, altri sintomi sono il rallentato o mancato accrescimento, difficoltà del sonno, iperattività, diminuzione rilevante della concentrazione e del rendimento scolastico, intolleranza al caldo, sudorazione, tremori e palpitazioni.

Gli adolescenti possono presentare accelerazione della crescita ed età ossea avanzata, tuttavia, la pubertà è spesso ritardata piuttosto che precoce.

La terapia dell’ipertiroidismo è con farmaci antitiroidei (metimazolo) o talvolta con l’ablazione tiroidea usando lo iodio radioattivo o la chirurgia.

Gli squilibri della tiroide possono anticipare/ritardare lo sviluppo? Quali altre conseguenze possono avere?

L’ipotiroidismo severo e non trattato causa più frequentemente un ritardo puberale, associato a una ridotta velocità di accrescimento e bassa statura. Tuttavia può essere associato anche a sviluppo anticipato della pubertà.

L’ipertiroidismo si associa a un ritardo della pubertà o ad amenorrea (scomparsa dei cicli mestruali) nelle ragazze che hanno già avuto lo sviluppo puberale, con un’accelerazione dell’accrescimento e una maturazione anticipata dello scheletro osseo.

Quali sono gli squilibri ormonali che possono indicare disordine della crescita? Quando è necessario un consulto con un endocrinologo?

Di fronte a un rallentamento della velocità di crescita staturale, sintomi ipotiroidei sfumati, ormone FT4 basso o normale e ormone TSH elevato, con età ossea ritardata all’RX della mano, la diagnosi è di ipotiroidismo ed è necessario un consulto specialistico con un endocrinologo.

Bambini e pubertà: quali sono le tappe per i maschi e per le femmine? Quando si può parlare di pubertà precoce e quando di ritardo?

Si parla di pubertà precoce quando si ha la comparsa dei caratteri sessuali secondari prima dell’età di 8 anni (nella femmina), e prima dell’età di 9 anni (nel maschio).

Si parla invece di pubertà ritardata quando si ha l’assenza di caratteri sessuali secondari ad un’età superiore ai 13 anni (nella femmina) e ai 14 anni (nel maschio).

Parliamo infine di diabete: da che età può manifestarsi? Quali sono i principali campanelli di allarme?

Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata dall’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue. La prima cosa che bisogna sapere è che esistono due tipi di diabete: diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2. Il diabete mellito di tipo 1 presenta tipicamente un primo picco di incidenza tra i 5 e i 7 anni di età e un secondo picco di incidenza durante lo sviluppo puberale, periodo in cui fisiologicamente c’è un aumentato fabbisogno di insulina da parte dell’organismo.

Conoscere i sintomi del diabete è molto importante perché permette di combatterlo tempestivamente per evitare gravi complicanze. Nel caso di diabete di tipo 1 si assiste di norma a un esordio improvviso e acuto, spesso associato a febbre, a poliuria (aumentata quantità di urine), polidipsia (molta sete), astenia (sensazione di stanchezza), pelle secca, perdita di peso inspiegabile e maggior sensibilità alle infezioni.

Che differenza c’è tra il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2? Come si affrontano?

La differenza sostanziale tra il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2 è nel deficit assoluto o relativo di insulina. Nel diabete di tipo 1 l’insulina è prodotta dal pancreas in quantità insufficienti e quindi in questo caso la terapia consiste necessariamente nella somministrazione insulinica dall’esterno. Nel diabete di tipo 2, invece, l’insulina è prodotta dal pancreas in quantità relativamente sufficienti, ma le cellule dell’organismo non rispondono alla sua presenza per una condizione definita di insulinoresistenza (spesso associata a sovrappeso/obesità). La terapia in questo caso prevede in primo luogo l’adozione di uno stile di vita sano e bilanciato con dieta e attività fisica regolare.

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