Mio figlio non vuole fare sport: che fare

Lo sport rappresenta senza ombra di dubbio un aspetto fondamentale per la crescita dei bambini sia da un punto di vista fisico, sia da un punto di vista educativo e psicologico.

Praticare attività sportiva, infanti, favorisce lo sviluppo osseo e muscolare e consente di mantenere un corretto dispendio energetico, evitando rischiosi problemi di sovrappeso. Ma lo sport è anche regola e disciplina, possibilità di trascorrere del tempo con i propri coetanei e tanto divertimento. Ecco, quindi, che deve far parte della vita di qualsiasi bimbo e adolescente.

Ci sono molti casi in cui, però, convincere un bambino a fare dell’esercizio fisico è davvero impossibile. Trovano mille scuse, inventano finti malesseri e scoppiano a piangere quando devono essere accompagnati all’allenamento.

I motivi alla base di queste difficoltà possono essere molti e non devono per nulla essere sottovalutati perché possono nascondere delle giustificazioni anche estremamente serie.

Perché i bambini non vogliono fare sport

I più recenti studi e le ultime statistiche hanno anche dimostrato che l’esempio che viene dato dagli adulti è fondamentale per la crescita e l’educazione di bambini e adolescenti, anche in merito allo sport.

Non si può pretendere, quindi, che il proprio figlio e la propria figlia abbiano una vita attiva e dinamica se i genitori sono i primi a trascorrere tutto il loro tempo libero sul divano davanti alla televisione, magari mangiando del cibo spazzatura!

Sport e bambini: attenzione alle aspettative

Le ragioni per cui un bambino non vuole fare sport possono essere molte. In alcuni casi perché l’attività fisica non viene scelta dal piccolo, ma dai suoi genitori o da chi nutre in lui tante aspettative. In questi casi, infatti, capita che l’attività fisica non sia incline con i suoi interessi e i suoi gusti.

Ci si deve sempre ricordare, infatti, che deve essere il piccolo a scegliere quale attività fisica vuole praticare e non chi gli sta attorno.

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Un altro errore che troppo spesso viene commesso è quello di credere il bambino dovrà diventare un grande campione. Si ripongono così in lui solo grandi pressioni che, nella maggior parte dei casi, non faranno altro che incutere in lui paura e frustrazione e che non lo porteranno invece a divertirsi insieme a tutti i compagni.

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Sport e sicurezza di sé

C’è poi un motivo di ordine psicologico ancora più grande che molte volte fa sì che il bimbo non voglia essere accompagnato in palestra o in piscina e cioè la paura del distacco dalla figura genitoriale. In realtà questa condizione può essere letta a doppio senso.

In alcuni casi è il piccolo a non volersi staccare da mamma e papà, ma senza che ce ne rendiamo del tutto conto, potrebbe accadere l’esatto contrario. Sono i genitori a non poter accettare che il bambino viva di vita propria e possa avere degli interessi personali che lo spingono con autonomia ad allontanarsi dal nido familiare. I bimbi, poi, che sono delle vere e proprie spugne, percepiscono questa condizione di disagio e di malessere e la trasformano in un’avversione per la pratica sportiva.

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Quello che poi non si deve assolutamente dimenticare è che ogni bambino ha il suo carattere e le sue debolezze e fragilità. La competizione per alcuni può essere uno scoglio insormontabile e una fonte di stress e di ansia, soprattutto nel caso degli sport di gruppo.

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Sono molti i casi in cui i bimbi si sentono in difficoltà perché hanno paura che da un loro errore possa derivare la sconfitta dell’intera squadra. In queste situazioni, perciò, diventa fondamentale il ruolo dell’adulto e soprattutto quello dell’allenatore che devono essere in grado di trasmettere il giusto compromesso tra l’impegno che deve essere messo e la gioia e il divertimento.

Come si può convincere un bambino a fare sport?

Non è possibile dare una risposta univoca a questa domanda perché i bambini sono tutti diversi perciò ogni situazione deve essere analizzata a se stante.

In primo luogo, comunque, è fondamentale scegliere con lui quale attività praticare, magari facendogliene provare più di una e non imponendogliela, invece, dall’esterno.

Una volta identificato lo sport, si deve cercare di far capire che questo deve essere affrontato con serietà e impegno, ma che comunque resta un momento di divertimento e un’occasione per trascorrere del tempo con i propri amici, oltre ad essere un’occasione per fare delle nuove amicizie.

Non si deve, poi, sgridare il piccolo quando non raccoglie i successi sperati, riprenderlo in caso di errore o magari far pesare i soldi spesi e il tempo impiegato per accompagnarlo ad allenamenti e gare. Allo stesso modo, però, vanno però accolti i sentimenti del bambino, ad esempio se si rifiuta di affrontare il saggio o di partecipare a una gara.

Ogni bambino infatti reagisce diversamente alle sfide, che possono anche diventare una forte fonte di stress: sta al genitore, dunque, capire di volta in volta quando e come intervenire, cercando di volta in volta di capire quando quello che stiamo chiedendo è una “forzatura contro la sua indole” o un invito costruttivo per aiutarlo uscire dalla cosiddetta “comfort zone”.

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Per affrontare l’ansia da separazione e dare al bambino maggiore sicurezza sarebbe utile inoltre coinvolgere nell’attività sportiva anche qualche amichetto e, se possibile, far accompagnare il bambino da una figura differente dal genitore di riferimento.

Tutto deve essere, poi, proporzionato all’età del proprio bambino: è inutile e controproducente riempire tutti i suoi pomeriggi con una serie interminabile di impegni: dal calcio, al nuoto, dal tiro con l’arco alla scherma. Finirà per essere così stanco che prima o poi deciderà di abbandonarli tutti! Capire con lui quali sono gli interessi e le predisposizioni personali è molto più utile e importante.

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