Ma quanto parliamo???

Parliamo.
E parliamo.
E parliamo ancora.
Uh, quanto parliamo con i nostri figli.

Mi è capitato di ascoltare quest’estate una mamma mentre spiegava al figlio di tre anni cosa fosse una gara.
Non una gara sportiva, no, quello sarebbe stato quasi comprensibile.
Intendevo una gara governativa, quelle che le aziende fanno per ottenere un appalto.
Tre anni…
«Mamma cosa è una gara governativa?»
«Una gara governativa è quando una ditta appaltatrice…»
Gli occhi persi del bambino che da grande diventerà o imprenditore oppure uno dei Black Block.
Non ci sono dubbi.

Ho visto un padre mentre spiegava al figlio di sei anni del perché i vaccini siano dannosi.
«… vedi Giulio ci sono le case farmaceutiche che sono praticamente multinazionali del denaro e allora…»
Cosa? “Praticamente multinazionali del denaro?”
Ma forse hanno fatto male a lui i vaccini…

Un’altra madre provava invece a spiegare al figlio piccolissimo, credo abbia avuto non più di tre anni, perché doveva mangiare carne.
«…le proteine sono molto importanti sai amore mio… Aiutano a replicare il DNA…»
Replicare, certo, come no.
La scienza si può anche spiegare. È importante. Ma non così.
Non con l’idea che così convincerai tuo figlio a mangiare la bistecca.

Ma anche io sono colpevole.
Non sono certo immune da questa febbre da comunicazione.
Ho due figli fantastici.
Sgnappo, maschio curioso di sette anni e poi una femmina di quattro anni, la temibile Pulce, carattere tosto e guance paffute.

«Sgnappo per favore chiudi la tv».
«Voglio finire di vedere questo cartone» fa lui.
«Per favore chiudi la tv, è tardi»
«Perché?»
«Perché ti fa male e devi dormire »
«E allora come mai tu vedi la tv? A te non fa male? Perchè la vedi fino a tardi?»

Capite cosa intendo.
Non se ne esce facilmente.
Sono intelligenti questi figli.
Sono svegli.
Fin troppo.

«Pulce non menare tuo fratello». Ebbene sì, la piccola Pulce di quattro anni ogni tanto mena il fratello più grande.
«Perché?» replica lei.
«Perché è importante volersi bene» le spiego «specie tra fratelli.»
«Chi lo ha detto? » mi chiede.
E giù a spiegare.
E spiegare…

C’è qualcosa che non quadra.
Da ragazzino non ricordo che i miei genitori mi spiegassero per filo e per segno del perchè dovevo fare certe cose.
Erano dati di fatto. Non si poteva scendere da tavola mentre si mangiava.
Non si poteva tenere accesa la luce fino a tardi.
Certe regole non si potevano mettere in discussione. Almeno non a questa età.

Sì, forse c’era effettivamente meno comunicazione.
Ma le cose erano più chiare per tutti.
Più semplici.

Certo, noi genitori vorremmo che i nostri figli capissero sempre quello che diciamo.
Che comprendano le nostre decisioni. E che agiscano di conseguenza.

Ma non è sempre possibile.
Ai bambini, a mio modesto parere, bisogna parlare un linguaggio da bambini.

Per quello degli adulti c’è sempre tempo.

Ma forse ho parlato troppo?

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2 commenti

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  1. Riflettendo sulla parlantina dei miei figli mi sono resa conto che 1) non posso lamentarmi, se parlano tanto: hanno preso dalla mamma! ;-) ; 2) la cosa più difficile è saperli ascoltare: in mezzo alle tante loro parole dobbiamo fare la fatica di scorgere i messaggi “nascosti”. Hanno tanto da dirci, al di là del loro tanto parlare :-)