Tosse, raffreddore, febbre: le indicazioni del pediatra su come affrontare i malanni stagionali

I primi freddi sono arrivati e con loro anche i tanto temuti malanni stagionali. Mai come quest’anno è importante imparare ad affrontarli correttamente e osservare attentamente i sintomi del nostro bimbo, anche per poter fornire al medico tutte le informazioni utili per una corretta valutazione medica. Ne abbiamo parlato con il dottor Marco Alberto Moioli, pediatra di MioDottore.

Tosse e naso che cola sono i principali malanni stagionali. A cosa sono dovuti principalmente? Cosa possiamo fare per prevenirli e affrontarli serenamente?

Il naso che cola è il principale malanno stagionale nel periodo autunno-inverno nell’età pediatrica, le due cause prime sono l’esposizione alle basse temperature e i virus respiratori.

Quando il clima diventa più freddo è importante proteggere le vie aeree dei bimbi, soprattutto nei più piccoli, con sciarpe che coprono bocca e naso, riducendo l’effetto irritativo dell’aria fredda sulle alte vie aeree. Altro presidio preventivo sono i lavaggi nasali con soluzione fisiologica, fatti almeno una volta al giorno nei bambini in età prescolare, rimuovendo così dalle mucose nasali gli elementi che innescano una reazione dell’immunità innata (virus, allergeni) e che favoriscono la formazione di muco.

Che differenza c’è tra la tosse grassa e la tosse secca? Come possiamo capire se è il caso di farla auscultare dal medico?

La tosse grassa è innescata dalla produzione di muco (in età pediatrica è detta anche produttiva o catarrale) ed è provocata soprattutto dal raffreddore, questo si osserva tipicamente nell’età prescolare. La minima distanza delle cavità nasali dall’ipofaringe favorisce lo “sgocciolamento” del muco in gola innescando il riflesso della tosse. La tosse grassa può caratterizzare anche infezioni delle basse vie aeree, provocate principalmente da infezioni batteriche, come bronchiti, broncopolmoniti e polmoniti, patologie comunque molto meno frequenti rispetto alle infezioni virali delle alte vie aeree.

La tosse secca o stizzosa è caratterizzata dall’assenza di catarro ed è dovuta principalmente a faringiti, tendenzialmente di natura virale, oppure per coinvolgimento delle basse vie aeree, a volte di natura virale come laringiti o tracheiti oppure dalle cosiddette bronchiti/BCP atipiche cioè provocate da batteri, ma con un decorso simile alle bronchiti virali.

La natura della tosse si deve approfondire quanto si presenta nel bambino molto piccolo; nei bimbi con età inferiore all’anno, la visita del pediatra è indicata in primis se si associa a febbre oppure in caso di tosse così insistente da determinare inappetenza. Si può associare inoltre affanno respiratorio a volte udendo dei sibili all’espirazione oppure riscontrando i cosiddetti rientramenti intercostali (si vede la cute che al momento dell’inspirazione rientra tra gli spazi intercostali) o al giugulo. I bambini di questa età che hanno un po’ di raffreddore e tosse, ma mangiano con regolarità, non hanno alterazioni della temperatura corporea, non hanno disturbi del sonno e hanno un respiro regolare possono essere trattati con i normali lavaggi nasali.

Nei bambini più grandi vale lo stesso discorso, con la differenza che nelle fasce di età superiori le infezioni delle basse vie aeree si possono complicare con quadri asmatiformi; importante inoltre non sottovalutare la comparsa di dolori al torace in bambini con tosse e febbre.

Febbre nel bambino: come affrontarla senza farsi prendere dal panico? Quando è necessario assumere un medicinale per abbassarla?

La febbre non è un pericolo per il bambino a prescindere dall’età, è un segnale che l’organismo si sta difendendo da un’infezione ed è la natura di questa che può costituire un potenziale pericolo e non la febbre in sé.

L’entità della febbre non è un indice di gravità dell’infezione, moltissime infezioni virali tra cui l’influenza spesso provocano temperature superiori ai 40° C anche per più giorni. L’unica eccezione è rappresentata dai bambini con età inferiore ai 3 mesi, in questi la comparsa di febbre deve essere sottoposta a valutazione medica con eventuale accesso in pronto soccorso, in quanto in questa fascia di età sono molto vulnerabili e spesso non hanno ancora eseguito la prima vaccinazione. Possono infatti presentare quadri clinici anche molto blandi nelle fasi iniziali, ma con complicanze che possono sopraggiungere in poche ore.

La somministrazione di antipiretici (paracetamolo o ibuprofene) non dovrebbe avvenire in base alla temperatura, ma al grado di disagio che la febbre provoca al paziente, vi sono bimbi che con 38°C sono molto sofferenti e abbattuti, in questo caso si può ricorrere all’antipiretico. In alcuni casi invece ci sono bimbi che con temperature più elevate non mostrano particolare disagio e quindi non è necessario ricorrere alla somministrazione di antipiretici (linee guida della Società Italiana di Pediatria).

La febbre non è un pericolo, l’organismo ha bisogno di una temperatura corporea più elevata per difendersi meglio dall’infezione, quindi l’antipiretico ha l’obiettivo di dare un po’ di benessere al paziente, ma non di impedire la potenziale “pericolosità” della febbre. L’unico rimedio antipiretico provato sono i farmaci, i mezzi fisici sono controindicati.

Indipendentemente dalla temperatura, quali sono gli aspetti da osservare per valutare lo stato di salute del bambino in caso di febbre?

La responsività della temperatura alla somministrazione dell’antipiretico, il grado di idratazione, l’assunzione di calorie con alimenti e liquidi mostrano un’ottimale reattività all’episodio febbrile. I sintomi che denotano un episodio febbrile sospetto sono:

  • comparsa di pallore intenso,
  • scarsa responsività della temperatura alla somministrazione di antipiretici,
  • l’aumento della frequenza respiratoria con sensazione di affanno, torpore con scarsa riposta agli stimoli,
  • comparsa di macchioline di dimensioni variabili che a volte assumono le caratteristiche di ematomi.

Molte mamme si accorgono della febbre del bambino anche solo ascoltandone il respiro: cosa dobbiamo osservare nel respiro del bambino per accertarci che vada tutto bene? C’è un numero di respiri al minuto entro il quale dovremmo preoccuparci?

Nel bambino con la febbre è normale osservare un aumento della frequenza respiratoria, ma si tratta sempre di aumenti contenuti, ci sono dei valori di riferimento che variano per fascia d’età, tanto minore è l’età tanto maggiore è la frequenza respiratoria, un bambino di pochi mesi ha una frequenza superiore a quella di un bimbo di 5 anni. 

La frequenza respiratoria, cioè il numero di respiri compiuti dal bambino in un minuto, può essere misurata poggiando la mano sul torace e contando quante volte si distende spontaneamente in un minuto. Nel neonato e per tutto il primo anno di età, la frequenza è di circa 44 respiri al minuto; successivamente diminuisce in maniera progressiva, tanto che a 5 anni è pari a circa 20-25 respiri al minuto. Nei neonati, una frequenza superiore a 60 respiri al minuto può essere dovuta al pianto. Se il neonato continua a respirare troppo velocemente significa che c’è un problema e deve essere visitato dal pediatra.

Il bambino sembra pallido: quando preoccuparsi? Che cos’è il refilling capillare e come possiamo utilizzarlo nella valutazione della salute?

Il pallore cutaneo a volte è fuorviante in quanto quello che ci sembra pallore può essere soltanto una carnagione più chiara, molto più indicativo è il colore delle labbra e delle mucose, se queste sono di un rosa sbiadito o chiare, ciò può essere il segnale di un’anemia la cui causa più frequente è carenza di ferro o una manifestazione aspecifica di malessere generale.

Il refilling è un fenomeno che indica il grado di idratazione di un soggetto, si ottiene semplicemente premendo il letto ungueale di un dito che da rosso diventa bianco: l’intervallo temporale con cui il letto ungueale ritorna rosso è il tempo di refill. Maggiore è il tempo necessario perché questo avvenga e più alto sarà il grado di disidratazione del paziente: indica un impoverimento del flusso sanguigno e quindi la necessità di ricorrere a una maggiore idratazione.

Nel caso dovessimo contattare il pediatra telefonicamente, quali sono le informazioni veramente importanti che andrebbero osservate attentamente e comunicate al dottore per aiutarlo nella valutazione?

Le informazioni fondamentali sono: l’età e il sesso del bimbo, quali sono i sintomi e da quanto tempo sono insorti, la risposta alla somministrazione degli antipiretici in caso di febbre, il grado di reattività agli stimoli, il colore cutaneo, la frequenza respiratoria, l’eventuale difficoltà ad assumere liquidi, l’eventuale perdita di peso in caso di diarrea intensa e/o vomito.

È possibile aiutare le difese immunitarie dei nostri figli? Ci sono accorgimenti che possiamo prendere nell’alimentazione o nello stile di vita?

Al momento gli studi eseguiti per valutare l’efficacia di integratori che abbiano lo scopo di aiutare le difese immunitarie sono molto dibattuti, probabilmente l’aiuto migliore è quello di fornire ai bimbi un’alimentazione basata sulla dieta mediterranea, ricca di frutta e verdura, che fornisce un apporto naturale e ottimale di vitamine.

Inoltre, è bene svolgere un’attività fisica idonea all’età, in quanto durante lo sport l’organismo libera nel sangue molecole utili a rendere il sistema immunitario pronto a reagire alle aggressioni esterne.

Bambini e vaccino influenzale: quando è consigliato?

Il vaccino antinfluenzale è indicatissimo per la fascia d’età prescolare e comunque consigliabile a qualsiasi età, assolutamente tassativo per quei bambini con malattie croniche indipendentemente dall’età e che quindi rientrano nelle categorie a rischio di complicanze più gravi.

Vaccinarsi contro l’influenza riduce drasticamente il rischio di contrarre questa infezione, evita una patologia che può provocare 4-5 giorni di febbre alta e ulteriori giorni di recupero, evita le complicanze che potrebbero richiedere il ricorso a terapie antibiotiche.

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