Campagna #WomenNotObject: basta donne oggetto!

Mentre prima valeva in pubblicità la regola “l’importante è che se ne parli” ora per fortuna, grazie a consumatori sempre più consapevoli, anch’essa sembra avere scelto strade più morigerate. Eppure ci sono ancora spot che puntano tutto sulla donna oggetto, che ammiccano (e chiamiamoli ammiccamenti…in certi casi sono vere e proprie dichiarazioni di intenti) al fattore donna, come inferiore, a cui si può usare violenza, utilizzabile solo nella sua connotazione sessuale.

Nasce quindi #WomenNotObject, campagna che spiega in termina di sessismo alcune pubblicità. E ci si fa una domanda fondamentale: ma considerano la donna un oggetto, oppure l’oggetto necessita per forza della donna per essere venduto?

Non provate anche voi una sorta di fastidio quando vedete donne poco vestite che dipingono cancelli o inserite in contesti dove sono assolutamente inutili?

Ci sono pubblicità davvero pesanti, come ad esempio quella dove una ragazza ha in mano un panino che richiama la fellatio in una pubblicità di un noto fast food, con addirittura la scritta I love giving blowjobs to sandwiches, che per pudore evitiamo di tradurre.

E purtroppo non è la sola.

C’è il profumo che viene appoggiato su un ventre femminile, c’è la bella ragazza sul manifesto con su scritto “la diamo a tutti …l’adsl”, ci sono le pubblicità che mostravano stupri patinati con uomini e donne abbigliate secondo lo stile di un noto brand.

#WomenNotObject2

Ci sono tutti i manifesti grandi come un appartamento dove seni e sederi femminili sono in primo piano, come se la testa non contasse davvero nulla.

Non pensiate che ci manchi il senso dell’umorismo: ma questa cosa non è ne elegante, né intelligente e né divertente. In troppe parti del mondo le donne e le bambine sono solo cose da usare a piacimento degli uomini.

Almeno noi, che qualche diritto ce l’abbiamo, cerchiamo di ricordarlo a chi pensa che le donne servano solo a vendere di più.

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